La commedia segreta
GIANCARLO GUERRERI, La commedia segreta; 2020, 215 pp. Pegasus Edition – 14 euro
Questo è l’ultimo libro di GIANCARLO GUERRERI: un thriller, per i caratteri di PEGASUS EDITION in edicola dal giugno scorso. Una storia d’oggi, che si dipana sulla base di fatti avvenuti sette secoli fa, ai tempi di Dante. Con un processo di spersonalizzazione e quasi di traslazione del pensiero, l’autore si è profondamente immerso in quel mondo, che non esiste più, per esserne protagonista, come se ancora esistesse.
L’Alighieri, esattamente dieci anni prima della sua morte, consegna in Noli all’amico Cino da Pistoia un cilindro di cuoio lavorato in modo pregevole, contenente alcune pergamene con scritti suoi, che dovevano essere assolutamente tenuti nascosti: divulgarli, lo porterebbero davanti al Tribunale della Santa Inquisizione. Il manoscritto, infatti, è parte di un ampio trattato in versi endecasillabi a rima incatenata, come quelli della Divina Commedia, scritto nel linguaggio criptico degli iniziati alla confraternita dei Fedeli d’amore, cui anche Cino appartiene, con Dante.
Altri versi di questo poeta, su riservatissime e compromettenti considerazioni eretiche, vengono nascosti altrove in luoghi improbabili da amici affidabili e compiacenti, essendo stati scritti nell’ultimo periodo della sua vita, che trascorre da esiliato presso le corti di signori del nord d’Italia, avendo abbandonato Firenze per sottrarsi al carcere d’una condanna politica.
Le pergamene del contenitore di cuoio, ritrovato di recente tra le polverose carte della vecchia biblioteca d’una casa patrizia torinese, attivano la curiosità e l’attenzione di Giordano, un insegnante di lettere: se sono versi di Dante, come ha motivo di ritenere per la sua cultura classica, ne trarrebbe gran vantaggio economico con la loro vendita e divulgazione. Egli contatta quindi le persone competenti: un professore di Firenze, che potrebbe autenticare il manoscritto e che sarà assassinato in circostanze misteriose, e la sua assistente, Valentina, preparata ed ambiziosa bibliofila, separata da un uomo che sarà anch’egli assassinato senza un apparente motivo, alla quale non sfugge l’aspetto economico della scoperta.
I versi sono certamente parte di un più ampio manoscritto, contenuto in altri frammenti, cui rimandano certi disegni e certe sigle. Giordano e Valentina, mossi da comune sentimento d’affari, si pongono sulle strade percorse da Dante durante il suo esilio e, con dotta intelligenza e con aiuti insperati, probabilmente dei Dulciniani, portano alla luce i cinque frammenti, che costituiscono l’intera opera.
Nel percorso, ricco di colpi di scena, incredibili presenze ed altri morti, i due trovano il modo anche a letto, in momenti di intimità, fisica ma non di sentimenti, di approfondire i significati misteriosi e sacrileghi nascosti nei versi criptici, eretici e sconvolgenti, di un Dante sconosciuto, il quale credeva nella reincarnazione ed era legato a confraternite di ispirazione templare.
Nei loro conversari, ampie divagazioni storiche e citazioni di fatti e personaggi del tempo, forniscono al lettore conoscenze non comuni sui Rosacrocre, i Templari, la Massoneria, la Kabala, le sette gnostiche, i Fedeli d’amore e lo tengono in continua tensione perché le morti delle persone, che in qualche modo si avvicinano ai due protagonisti ed alle loro ricerche, ampliano la portata dei ritrovamenti, fino al coinvolgimento dei servizi segreti.
Le loro ambiziose mire economiche trovano infine su internet una soluzione di comodo, dettata dalla paura di restare anch’essi vittime della loro sconvolgente scoperta di questa nuova Commedia, che ha celato per così tanto tempo le tesi eretiche di Dante.
In questo giallo, per metà opera letteraria in versi dalle molteplici interpretazioni, un poema, quindi, con molti passi di complessa struttura, c’è una storia, ci sono intrighi, c’è sesso, ci sono morti misteriose come in ogni thriller che si rispetti, ma c’è anche tanto di più: 740 endecasillabi a rima incatenata – che sono il punto d’arrivo dei poeti – abbandonati ormai per le loro difficoltà dai moderni, a cominciare da Pasolini, il quale li usò senza particolar rigore.
Dante o Guerreri? Questo è il dilemma. La estrema comunanza del costrutto dei versi dell’uno e dell’altro induce a pensare possa esserci stata, in Guerreri, la ricreazione della forma mentis d’un lontano vissuto da lui, sotto altre spoglie, che gli ha consentito la padronanza attuale d’una lingua dismessa, diversa dalla sua d’oggi, per un meccanismo di metempsicosi, regressiva nel tempo, ma evolutiva per i contenuti. Si vales, valeo.
Armeno Nardini