…E quindi uscimmo a riveder le stelle
di Luciano Romoli
Dilette Sorelle, cari Fratelli, il 25 marzo è giornata dedicata a Dante Alighieri: una data che gli studiosi fanno corrispondere all’inizio del viaggio della Divina Commedia. La Libera Muratoria vede in Dante Alighieri il testimone di una tradizione iniziatica, viaggiatore intellettuale in un mondo fantastico, con un peregrinare che si snoda in una cosmogonia divina e che è al tempo stesso allegoria della condizione umana e summa della visione del mondo del secolo. La visione di Dio del XXXIII Canto del Paradiso si allinea con lo smarrimento nella “selva oscura” che precede l’entrata nell’Inferno. In tal modo si delinea un “asse” che per Dante è cosmico e morale: perno tangibile dell’avventura della vita, cardine di una gerarchia di valori e ineluttabile organizzatore del destino ultramondano. Il Cristo benedicente che sovrasta l’entrata delle Cattedrali separa i salvati e i dannati nel giorno del Giudizio Universale. Non c’è una sorte segnata per grazia o maledizione. Il comportamento terreno è illuminato dalla morale divina; ogni essere vivente attraversa una sua catabasi ma ha la forza per innalzarsi verso le stelle. Chi perde la sua battaglia sarà dannato. C’è, nella peregrinazione, l’idea di essere spiriti sopravvissuti a una catastrofe come fu quella della caduta di Lucifero, causa della voragine dell’Inferno e dell’innalzamento della montagna del Purgatorio. C’è l’idea del ritorno alle origini, di risalita dell’anima umana, secondo dottrine che furono del mondo antico d’Oriente e d’Occidente. C’è fiducia nell’uomo. Dante, guidato da Virgilio, si aggrappa al corpo del mostro infernale, lo scavalca, oltrepassa il centro della Terra e infine lo guarda da un’altra prospettiva, abbandonandolo con le gambe infisse nel ghiaccio. Con questo passaggio è stata così superata e vinta la prima causa della caduta: l’illusione dell’uomo di uguagliarsi a Dio, l’oblio della umana caducità in merito al quale già ammoniva l’oracolo di Delfi. Il riconoscimento dei limiti è punto di partenza della rinascita.
Dilette Sorelle, cari Fratelli, a distanza di oltre settecento anni, ci inchiniamo alla memoria e al genio di Dante Alighieri. La sua opera ha ispirato intere generazioni di intellettuali, di politici e di patrioti. Il richiamo stesso a Dante è stato una costante del nostro Risorgimento, nel generoso sforzo di un rinnovamento politico e morale della nazione italiana. Velocemente, poche ore orsono, ho visto in un telegiornale le immagini di casse di aiuti sanitari che venivano scaricate da un aereo. Non ho fatto in tempo a vedere la nazionalità del velivolo né l’aeroporto, Ma ho letto sui cartoni, distintamente, “QUINDI USCIMMO A RIVEDER LE STELLE”: i versi che chiudono, appunto, l’ultimo Canto dell’Inferno. Mi piace pensare che in uno sconosciuto ufficio pubblico, civile o militare, italiano o straniero, vi siano donne e uomini che si ispirano con fiducia e speranza alle parole di un Grande Iniziato. Grandi Opere camminano su Grandi Idee.