La Menorah
di Valeria Vasi
La presenza della Menorah nel nostro Tempio è certamente un’eredità del Tempio di Salomone a cui la Massoneria si ispira, ma a mio avviso dobbiamo accostarci ad essa non con spirito “vetero-testamentario”, analizzando i passi (numerosi) della Bibbia in cui essa viene menzionata per comprenderne i significati, ma piuttosto dobbiamo partire da questi significati per arrivare ad un’astrazione di portata universale, come nella tradizione del pensiero massonico. La Menorah è il simbolo più importante dell’ebraismo, rappresenta l’essenza stessa del popolo di Israele. Nel suo nome è insita la radice “or” che significa “Luce”: portatore di Luce, quindi, Candelabro per eccellenza. La Menorah è descritta minuziosamente nel libro dell’Esodo, in cui Dio spiega a Mosè come deve essere costruita: forse è il primo esempio letterario di descrizione tecnica di un oggetto. Il Midrash narra che Mosè ebbe molte difficoltà a comprendere le spiegazioni divine, tanto che Dio in un primo momento gli mostrò in cielo un “modello” di Menorah, poi infine ordinò di gettare nel fuoco che doveva servire alla fusione un blocco di oro purissimo e la Menorah si fece da sé: a ricordo della difficoltà di Mosè, la M di Menorah divenne la lettera iniziale del suo nome. Ma perché tanta difficoltà nel costruire il Candelabro a sette bracci? Perché secondo una tradizione ebraica, nella Menorah è insito il progetto del Creato. Dio ha visto la Menorah nella sua mente e ad essa si è ispirato per la Creazione, perché la Menorah irradia la Luce, la Luce spirituale che illumina l’Universo. La Menorah ha accompagnato il popolo di Israele nella sua peregrinazione attraverso il deserto, alloggiata nel Tabernacolo; quando fu costruito il Tempio a Gerusalemme, essa fu collocata al suo interno, davanti al Sancta Sanctorum e alla sua destra, rappresentando l’aspetto spirituale di Dio. Essa corrisponde alla sefirah Hokmah, la Saggezza, e si identifica quindi con l’emisfero destro del cervello umano. Le lampade poste sui bracci del Candelabro erano rifornite con olio di oliva purissimo e orientate in modo da proiettare la luce davanti a loro: non servivano a dare luce al Tempio, illuminato dalla Luce divina, ma spandevano il loro chiarore verso il popolo, verso il mondo. Era una Luce per tutti, non solo per il popolo di Israele. Ecco, questo è a mio parere il punto più sensibile di contatto tra tradizione ebraica e Massoneria: la Luce. La Menorah è posta davanti al Maestro Venerabile che da Oriente irradia la sua Luce, luce di Saggezza che illumina la Loggia, come recita il Rituale dell’Apprendista. Non a caso Atena, simbolo di Saggezza, è posta accanto al Venerabile, esempio del sincretismo simbolico di cui l’Officina è permeata. La Menorah brilla della luce delle sue sette lampade e dà sostanza alla luce spirituale dell’Oriente e, poiché come già detto, essa si identifica con Hokmah, la Saggezza, la potenza del simbolismo sapienziale si accresce in un rimando continuo tra Atena e il Candelabro. Una riflessione che mi sembra importante concerne l’aspetto della Menorah: un fusto attorno al quale sono disposti sei bracci, tre per lato, rivolti verso l’alto. Sulla sommità del fusto e dei bracci sono disposte le lampade. Tutto il candelabro è decorato da fiori di mandorlo di cui viene precisato il numero e la disposizione. Questa descrizione è tratta dall’Esodo (25, 31-40). Non si parla della forma dei bracci della Menorah. Roy Doliner, studioso di storia dell’arte del bacino del Mediterraneo con particolare riguardo ai rapporti con la storia ebraica, sottolinea che per molto tempo l’unica raffigurazione della Menorah del Tempio di Israele è stata quella presente sull’arco di Tito, dove si vedono gli arredi del Tempio portati in trionfo dall’esercito romano vittorioso. Ebbene, secondo Doliner l’immagine non è aderente a quello che doveva essere l’aspetto della sacra Menorah: innanzitutto il basamento largo appare decorato con simboli non pertinenti alla tradizione ebraica, e poi la forma dei bracci è a semicerchio. Per quanto concerne il basamento, sono state trovate nelle catacombe ebraiche di Roma e in altri siti delle rappresentazioni in cui la Menorah appare posta su un tripode; tali figure sono più antiche dell’arco di Tito e verosimilmente ritraggono la Menorah come doveva essere nel Tempio di Gerusalemme, oggetto pesantissimo e non idoneo al trasporto processionale. Dopo la realizzazione del bassorilievo sull’arco di Tito, altre rappresentazioni della Menorah la dipingono con un basamento, ma questo particolare secondo Doliner è inesatto, si tratterebbe di un supporto avente lo scopo di dare stabilità al pesante arredo per poterlo trasportare senza rischio di caduta. L’immagine del bassorilievo è quindi divenuta la raffigurazione ufficiale della Menorah, dato che questa è scomparsa. Per quanto concerne i bracci, sono state rinvenute figure affrescate in abitazioni di epoca erodiana dove la Menorah presenta i bracci angolati rispetto al fusto, come a formare una specie di grande V. La forma a semicerchio quindi non sembra un requisito necessario a dare valore al sacro arredo. Siano angolati o semicircolari, i bracci decorati da fiori di mandorlo rimandano ad un simbolismo vegetale che ben si adatta anche allo spirito massonico. La Menorah dunque simboleggia un albero, tramite tra la terra e il cielo, nel quale possiamo leggere il percorso del Massone dalla terra in cui germoglia la pianta, attraverso il tronco e i rami irrorati dall’acqua e percorsi dalla linfa vitale, fino all’espansione delle foglie che si muovono nell’aria e che compiono il prodigio della fotosintesi, per mezzo del fuoco dell’energia solare. Il mandorlo è secondo alcune tradizioni rabbiniche, l’albero della vita da cui Adamo ed Eva traevano la loro immortalità prima della Caduta. Esso è il primo a fiorire a primavera e simboleggia il risveglio della natura, la rinascita dopo la morte dell’inverno. Il suo frutto racchiude profondi significati esoterici: la mandorla, nascosta in un duro guscio, rappresenta la saggezza che va conquistata con il duro lavoro intellettuale; per la sua forma ovoidale è collegata alla matrice, come simbolo di fecondità, di nascita primordiale dell’universo. Come riproduzione dell’uovo cosmico ha la caratteristica simbolica di rappresentare uno spazio chiuso, protetto, delimita lo spazio sacro separandolo dallo spazio profano, forma così uno spazio chiuso, che separa il puro, l’originario, dall’impuro. I sei bracci laterali si connettono al fusto centrale: questa modalità costruttiva rimanda alla necessità della coesione, sia per il popolo di Israele, sia per i Massoni; infatti, se si staccano uno o più rami laterali, la Menorah può reggere ma se il fusto è colpito, allora la Menorah si disgrega. Sette sono i bracci e sette le Luci. Sette i giorni della Creazione e il più importante quello del riposo, che corrisponde alla luce centrale: il giorno della contemplazione e della meditazione, per gli Ebrei, il giorno che riequilibra il rapporto tra l’Umano e il Divino. Per il Massone, il giorno dedicato alla Tornata, al Lavoro per il bene della Patria e dell’Umanità. Sette pianeti e sette metalli. Vi sono vari modi di accendere le lampade della Menorah, ma tutti conducono ad un processo di elevazione verso l’alto che richiama l’ascesa lungo l’albero sefirotico, nella tensione verso la Saggezza di Hokmah. E lo spegnimento avviene in senso esattamente contrario, riportando alla Materialità di Malkut. Sette le Luci del Candelabro e sette i Maestri per aprire la Loggia: la Menorah come epitome dell’Officina. Sette è un numero che racchiude una grande valenza simbolica, in quanto somma di tre (volontà di creare) e quattro (creazione in atto) e quindi paradigma dell’Universo. Inoltre, sette è anche considerato dai Pitagorici “vergine” perché non genera alcun numero della decade (per moltiplicazione) e “ingenerato” in quanto non prodotto per moltiplicazione da nessun numero della decade: e questi due attributi, vergine e non generata, identificano Atena, cioè la Saggezza…e quindi sette è il numero della Saggezza, cioè del Maestro. Siamo tornati all’Ara del Venerabile, ad Atena e alla Menorah. Ultima considerazione: gli Ebrei hanno perso la Menorah, scomparsa poco dopo la distruzione del Tempio; da allora essi operano per riportare la Luce sulla terra non solo per il popolo di Israele, ma per tutto il mondo: per tale motivo, essi recitano il salmo 67, una preghiera per l’Umanità che qui riproduco [vedi immagine]. La Parola riproduce l’oggetto perduto, per il tempo della lettura del salmo la Menorah è ritrovata…