il Lavoro
Il lavoro, fondamento della Massoneria, deve sollevare una ripetuta riflessione sui suoi aspetti profani ed esoterici. In questo anno in cui le profezie, le previsioni, gli annunci e soprattutto le speranze per il futuro abbondano mi sono tornati in mente i versi dell’ egloga virgiliana messaggera di un futuro radioso e rivelatrice di un mondo beato in cui la natura dava all’uomo tutto il necessario senza richiedergli sforzi e fatiche poiché “ogni terra avrebbe offerto ogni cosa”. Era il ritorno all’età dell’oro, al regno di Saturno.
Il dio, infatti, aveva concesso agli uomini un benessere materiale sotto gli auspici della pace, della moderazione e della giustizia e, come aveva cantato Esiodo, le Ore, antiche forze naturali che con le loro cure facevano maturare e diventare belle le cose ed i cui nomi Thallo, Auxo e Karpo erano collegati alla fioritura, alla crescita ed al frutto, passavano nella sfera etica: generate da Zeus e Themis, l’Istituzione del Diritto, si chiamarono Eunomie, Dike, Eirene: giustizia, diritto e pace.
Non fu anche il paradiso terrestre quella terra felice dove l’uomo viveva senza il lavoro al quale fu destinato per la sua insubordinazione al volere divino?
Sono due dei tanti miti relativi ad un tempo o un mondo beato in netta opposizione alla concezione del lavoro fonte di ogni dignità umana e “dovere sacro dell’uomo libero”.
Senso del dovere, sacralità, responsabilità umana, libertà sono quattro concetti muratori nei quali si trova la spiegazione del passaggio tra l’appagamento derivato dal nel non-fare e quello sorto dal fare. L’inattività, l’abbondanza naturale, la vita edenica vennero, secondo le leggende, dalla suprema divinità come dono agli uomini. Ma fu veramente dono o imposizione pagata anche al caro prezzo della rinuncia alla scelta, alla libertà, al libero arbitrio ? Secondo la mitologia greca gli dei si divertirono a costruire uomini con materiale sempre meno pregiato e Iavè punì le sue perfette creazioni che volevano la conoscenza imponendo loro il lavoro, il sudore e il dolore. Giocattolo in un mondo idilliaco o schiavo di chi voleva la totale e cieca sottomissione, l’uomo acquisì la libertà quando il lavoro inflitto come punizione diventò elemento di formazione e d’innalzamento. Il lavoro – pena divenne lavoro -virtù, simbolo di indipendenza e di libertà.
L’umanità ha seguito e persegue un cammino non facile e la meta, quando sembra raggiunta, sfugge, si allontana obbligando chi la rincorre a migliorare, ad innalzarsi, a compiere un lavoro che, evolvendo attraverso vari stadi, giunge ad una sorta di spiritualizzazione. Molte branche del sapere, filosofia, economia, sociologia, arte, medicina, storia in generale hanno affrontato il tema del lavoro in tutti i suoi aspetti e ne hanno analizzato tutti gli effetti. Il tema dell’operare è vivo nella letteratura e nell’arte di ogni epoca e di ogni paese, scrittori ed artisti vi cercano la chiave dell’esistenza di cui è l’immagine. Da Omero ad Orwell, attraverso le interpretazioni antiche, medievali, illuministe, ottocentesche e moderne, dalle rappresentazioni nella tragedia greca ai Tempi moderni di Chaplin, non dimenticando la suggestione delle arti figurative, pochi sono coloro che non abbiano sentito la vastità della materia e non siano stati attratti dalla complessità dei suoi contenuti e dalla durezza della sua realtà.
Il “servo sudore”, imposto dalla forza violenta degli uomini ai più deboli, ai più piccoli o ai più miti è stato oggetto di lotte, guerre, grandi crociate libertarie ma continua a sopravvivere nel mondo in forme brutali davanti alle quali tendiamo a chiudere gli occhi crogiolandoci in un insano egoismo, lasciandoci spesso ingannare per tacitare la voce della nostra coscienza da belle ma subdole apparenze, falsamente attraenti. Se noi Liberi Muratori accettiamo passivamente questo stato di cose, se lasciamo che una parte dell’umanità sia schiava dell’altra, delle macchine, delle tecnologie o dei metodi abbiamo dimenticato che il lavoro “ci da modo di stimare noi stessi, ci rende migliori per gli altri, ci protegge contro la corruzione dei vizi, ci assicura la Libertà, ci insegna l’Uguaglianza, rende mature le nostre anime per la divina Fratellanza”. Cessiamo di ripetere che dovere del Massone è diffondere nel mondo profano l’insegnamento della Loggia. Facciamolo! Talvolta sono troppe le nostre parole e poche le nostre azioni e muore dentro di noi, sterile, il seme iniziatico. Il crisma dell’iniziazione ci ha offerto il modo di dare al lavoro materiale ed a quello intellettuale tutto il loro potere, la loro intensità. Li sappiamo, infatti, derivati dalla ragione e dalla volontà, e siamo consapevoli che le opere delle mani o delle menti nascono da una stessa fonte e che sempre la loro unione ha dato opere utili e durature, spesso grandiose ed immortali.
Una educazione sbagliata e l’antico retaggio manualità = schiavitù ci porta spesso a considerare di natura inferiore il lavoro manuale, chi lo esercita, ed i suoi prodotti. Se il lavoro intellettuale “sviluppa tutte le nostre facoltà, ci rivela i segreti della natura” soltanto “con l’aiuto e il soccorso del lavoro manuale, innalza i suoi grandi monumenti, lasciando in eredità ai secoli futuri tutte le ricchezze acquistate dall’associazione delle due forze riunite”. Il pensiero non avrebbe lasciato traccia se le mani non avessero sostenuto la penna, gli strumenti di misurazione, il pennello, se non guidassero il mouse o si muovessero sulle tastiere. Senza il paziente lavoro delle mani, l’umanità non avrebbe saputo ricreare il fuoco e darsi la civiltà, avrebbe ideato ma mai realizzato, non sarebbe sopravvissuta perché anche il semplice gesto di raccolta di un frutto è opera di quello strumento naturale così perfetto da non essere uguagliato nelle sue funzioni da nessuna invenzione della mente. La Massoneria, oggi interamente speculativa, continua ad onorare gli strumenti di lavoro, pregnante ricordo ed insegnamento costante della Tradizione operativa.
La presenza fisica nei Templi di utensili indispensabili ad ogni fase ed ogni parte del lavoro architettonico, progettazione, edificazione, consolidamento, abbellimento è un preciso invito a ritornare alle fonti ed un richiamo alla funzione dell’operatività nello sviluppo della Tradizione massonica ricordando che è stato lo speculativo ad andare all’operativo educandosi nelle sue forme e nei suoi metodi. La connessione e l’unione tra la mente e la mano si manifestano vivissime nei rituali di alcuni gradi sempre ad indicare come soltanto dall’opera congiunta e inscindibile di ragione e azione nascano le grandi costruzioni umane e come ogni utensile si innalzi ad idea, a simbolo di quanto gli viene impresso dalla mente. La squadra non è più squadra, il grembiule non è più grembiule: ogni oggetto diventa gioiello, paramento ed espressione di qualcosa che va anche oltre la sola attività della mente, funzione, questa fisica ed istintiva anche se individuale e personale. Al momento in cui questa sintesi comincia ad esistere l’operare si sublima e s’innalza alle vette dello spirito diventando preghiera per il credente, mortificazione, meditazione e distacco per l’asceta. Definire i contenuti del lavoro spirituale per l’iniziato risulta più complesso poiché sono molti i metodi e le vie per esercitarlo e molti sono gli strumenti necessari anche se, nel concreto, si pratica senza strumenti; l’iniziato lavora con le mani libere poiché ha ormai assimilato la valenza ed il contenuto di tutto ciò che può elaborare l’Opera, formare il massone, scoprirvi l’Oro.
Il lavoro spirituale, però, se non scaturisce da una crescita , da passaggi e trasformazioni successive rischia di risultare fragile, senza basi quasi fosse uno stupendo edificio non assicurato a fondamenta robuste e massicce per il cui consolidamento e rinnovamento è necessario che il massone, qualunque sia la sua posizione sulla via iniziatica, si impegni ricordando di rimanere sempre un apprendista. Perdere il contatto con l’utensile più elementare, smarrirne il senso, dare per acquisito il saperlo usare annulla qualsiasi volontà e desiderio di progresso, fa dimenticare che le costruzioni non hanno mai fine, si modellano, si modificano come fossero esseri viventi perché di questi sono frutto. L’artista plasma la materia e fa nascere il capolavoro con mani che sembrano animare gli strumenti di un soffio spirituale, così l’iniziato deve formare se stesso, costruirsi una vita dell’anima con quegli oggetti che apparirono grezzi e materiali ai suoi occhi di neofita.