Come in alto così in basso, ovvero come nasce una teoria scientifica
Sono certo che qualcuno, dopo aver letto il titolo di questa pagina avrà arricciato il naso: cosa c’entra il principio su cui si fonda la concezione magica del mondo, “come in alto, così in basso”, con la nascita di una teoria scientifica? Queste due concetti sono talmente lontani tra loro da sembrare ossimori. Eppure il loro accostamento non è poi così peregrino. Cercherò di spiegare il perché.
La teoria micro-macrocosmica è un’antica e possente costruzione teorica che unifica le leggi che governano il corpo umano e la sua psiche con quelle che governano il pianeta Terra, e queste due con quelle che governano l’intero universo. “Come in alto così in basso”: quello che accade in ogni luogo, dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande è soggetto alle stesse regole.
Già i primi filosofi greci considerano l’universo come un immenso corpo unico, composto da quattro elementi essenziali: acqua, terra, fuoco e aria. I quattro elementi sono la struttura fondamentale tanto del corpo umano quanto dell’intero universo e, di conseguenza, tutto è soggetto alle stesse regole. I Pitagorici poi, si spingono ancor più nel piccolo e, arditamente, postulano per primi la teoria atomica; tutto l’universo è costituito da unità fondamentali: gli atomi, e sono loro la struttura elementare tanto dei corpi viventi, quanto della materia inanimata.
Ma forse il primo filosofo a parlare organicamente della teoria micro-macrocosmica, è Platone. Nel Timeo, il grande pensatore ci fa notare che la struttura del nostro corpo ricorda molto quella della Terra: dentro di noi scorrono le acque, rappresentate dai fluidi corporei, vi è l’aria nei polmoni, Il nostro scheletro può essere ragionevolmente accostato alla terra e alla pietra, e se cerchiamo qualcosa che ricordi il fuoco, non ci è difficile rintracciarlo nelle energie che emanano dalla nostra mente. Platone era peraltro molto colpito dal fatto che la forma sferica della testa fosse nettamene diversa dalle forme allungate che caratterizzano il resto del corpo, quasi a segnare una diversità strutturale fra corpo-materia e mente-divinità. E’nello stesso Timeo che Platone ci descrive l’universo come un grande essere vivente, dotato persino di un’ anima collettiva, l’Anima mundi, appunto.
Sulla visione micro-macrocosmica del mondo si basa la teoria degli umori, che dominerà per secoli la medicina occidentale: il corpo umano è come la Terra: vive bene se i suoi elementi fondamentali, aria, acqua, terra e fuoco sono in equilibrio armonico tra loro: lo squilibrio di queste componenti porta alla malattia, Ed è compito del medico riconoscere la rottura di un’armonia e porvi rimedio riportando in equilibrio il sistema. Il padre della teoria degli umori è Ippocrate, che la enuncia ispirandosi alla filosofia di Empedocle, ma verrà poi perfezionata dal suo genero, Polybos, e dallo stesso Aristotele. Secondo la teoria degli umori, la terra corrisponde alla bile nera o atrabile, che ha sede nella milza, il fuoco alla bile gialla, o collera, con sede nel fegato, l’acqua al flegma che ha sede nella testa, e infine l’aria al sangue la cui sede è il cuore. E se può sembrarci strano quest’ultimo accostamento, non dimentichiamoci che, prima delle scoperte di William Harvey, i medici erano convinti che le arterie trasportassero aria, e non sangue! Ai quattro umori corrispondevano poi i quattro temperamenti principali , il flegmatico, il melanconico, il collerico e il sanguigno, le quattro qualità elementari, il freddo, il caldo, il secco e l umido, le quattro età della vita, l’infanzia, la giovinezza, la maturità e la vecchiaia e, infine, le quattro stagioni e. E anche in questi accostamenti è chiara la visione unitaria delle leggi che regolano l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo .
Insomma, la teoria del micro-macrocosmo affascina tutto il mondo antico, mette tutti d’accordo e rappresenta il presupposto teorico a cui si ispira gran parte della filosofia, ma anche della scienza e della medicina dell’antichità. Va tutto bene, almeno fino al Medioevo, quando la teoria cade in una crisi profonda e viene allontanata dai salotti buoni della cultura, perché puzza un po’ troppo di zolfo eretico, con la sua esplicita ispirazione al panteismo e all’animismo.
Nel Rinascimento, però, il principio del “come in alto, così in basso” ritorna trionfalmente alla ribalta: con la caduta di Costantinopoli nel 1453 arriva a Firenze il Corpus hermeticum. Si diceva che il documento fosse ancor più antico dei testi di Platone, e che traesse diretta ispirazione dall’antica saggezza egizia. Che l’autore fosse stato lo stesso dio Toth, o qualcuno molto più vicino ai giorni nostri, il documento suscita grande curiosità ad ogni livello, tanto che Cosimo dè Medici, con massima urgenza, ne commissiona la traduzione a Marsilio Ficino, che completa l’opera nel 1471. Il testo esercita una straordinaria influenza su molti intellettuali dell’epoca, da Pico della Mirandola a Giordano Bruno, passando per lo stesso Marsilio Ficino. Ne trae ispirazione certamente l’occultismo, ma anche la scienza dell’epoca. Nella visione ermetica del mondo, ogni cosa nell’universo è legata da complessi rapporti di interdipendenza e influenza reciproca. E il corpo umano non fa eccezione, perché la sua salute e il suo destino sono sotto l’influenza degli astri.
La dottrina ermetica determina una rivoluzione silenziosa (e a tutt’oggi ampiamente misconosciuta) nella scienza di quei tempi, che finirà per abbandonare il metodo di studio della natura insegnato nelle università, noto come “filosofia naturale” e adotterà un approccio empirico ispirato proprio alla tradizione magico-alchemica. La filosofia naturale, propugnata dagli accademici dell’epoca, era una dottrina dogmatica che non si basava sulla sperimentazione ma, in puro stile aristotelico, sull’autorità della tradizione. I filosofi naturali non riconoscevano alcuna dignità al metodo sperimentale. Molti maestri della rivoluzione scientifica, invece, ispirati dalle dottrine ermetiche, adottano e sviluppano il metodo sperimentale inaugurando una stagione nuova della scienza. Insomma, possiamo dire serenamente che senza la dottrina ermetica avremmo dovuto aspettare ancora molto per avere Leonardo, Galileo e Newton.
Forse l’antico scienziato che più direttamente si ispira alla dottrina micro-macrocosmica è il medico Paracelso. Egli è assolutamente certo che le forze del firmamento influiscano fisicamente e psicologicamente sull’uomo. L’uomo, secondo lui, è un microcosmo completo che contiene in sé tutto l’universo: “non vi è nulla in cielo né sulla Terra che non esista anche nell’uomo, e Dio, che è in cielo, esiste anche nell’uomo, e i due sono Uno”. E, con il suo colorito linguaggio il medico svizzero ci dice: “I miei scritti non sono come quelli degli altri medici, compilati sulle tracce di Ippocrate e Galeno, con incessante lavoro li ho creati basandomi sulla esperienza che è maestra e suprema signora di tutte le cose…io non cito verbalmente le autorità mediche ma faccio appello alla sperimentazione e alla ragione…Io sono me stesso, Monarca Medicorum, e le fibbie delle mie scarpe hanno più scienza di Galeno e di Avicenna”. E se qualcuno pensa che Paracelso fosse solo un ciarlatano, ricorderò sommessamente che egli, introducendo in medicina l’uso dei composti chimici, scoprì lo zinco, usò l’ossido di ferro nei sanguinamenti di superficie, i sali mercuriali per le lesioni cutanee della lue, l’acetato di piombo (la buona vecchia acqua vegeto-minerale) come astringente nelle ferite locali e come anti infiammatorio, il potassio azotato come diuretico, lo stagno nelle infestazioni da vermi intestinali, lo zolfo come antifebbrile. E iniziò l’era dell’anestesia utilizzando il laudano, un derivato dell’oppio. E scusate se è poco per un alchimista.
Anche Boyle, che praticava l’Alchimia tanto quanto la chimica e si servì di molti aspetti della prima per far progredire le frontiere della seconda. Molti altri scienziati di quel periodo attingono a piene mani dalla teoria micro-macrocosmica: William Harvey scopre il sistema circolatorio e comprende che il cuore ha il ruolo di pompare il sangue in tutti i tessuti. Nel suo libro “De motu cordis” lo scienziato paragona il cuore, motore centrale della vita umana, ad un “sole del microcosmo”. Copernico, nel sostenere la teoria della centralità del sole, invoca nientemeno che l’autorità di Ermete Trismegisto. Chi poi volesse andare a leggere direttamente gli scritti di Keplero, si troverebbe di fronte ad un linguaggio assolutamente magico-ermetico e leggerebbe di “anime motrici”, del Sole come sede della vita e come immagine del Dio Padre. Il grande astronomo poi, nell’ Armonia dei mondi paragona la Terra al corpo di un grande animale, il cui respiro, più o meno forte durante la veglia o il sonno, è alla base delle maree.
Certo, se rileggiamo le teorie di quell’epoca con gli occhi della scienza moderna potrebbe venirci da sorridere. Ma è’giusto ridere delle teorie che hanno preceduto le attuali? Certamente no. E’sulle macerie delle nostre idee passate che fondiamo quelle odierne. La conoscenza scientifica, si sa, si muove sempre per teorie: oggi nasce una teoria nuova, basata sulle conoscenze attuali, domani, alla luce di ulteriori scoperte, questa teoria sarà sostituita da un’altra. Su questa base Karl Popper ha costruito la sua teoria della provvisorietà delle conoscenze scientifiche: il nostro sapere è sempre provvisorio, è eternamente in movimento. Una teoria è valida non perché più vera di un’altra, ma perché resiste più a lungo ai tentativi di falsificarla. Peraltro ormai, le teorie, in qualsiasi campo della scienza, tendono a durare sempre meno: basti leggere una rivista scientifica di qualche anno fa per accorgersi di quanto rapido sia il turn over delle nostre conoscenze. Talvolta è sufficiente rileggere articoli di 15-20 anni fa per avere l’impressione di essere tornati indietro di centinaia di anni. E sorridere, quasi come si può sorridere rileggendo Newton che, quando parlava della legge di gravità descriveva il centro del Tempio come un focolare per offrire sacrifici, perpetuamente acceso e attorno al quale gli adepti si riunivano.
Dunque è opportuno rileggere con grande rispetto le teorie micro-macrocosmiche, perché sono state molto più che una raccolta di formule magiche: esse hanno rappresentato un potente motore per il progresso della conoscenza umana in un’ epoca in cui i due universi, quello della scienza e della magia, non si escludevano a vicenda, come accade oggi, ma convivevano pacificamente, tanto che spesso era difficile distinguere l’uno dall’altro.
Ma cosa resta oggi del “come in alto, così in basso” nel patrimonio scientifico moderno? Molto più di quanto si potrebbe pensare. Non c’è dubbio che, dalla scoperta degli atomi in poi, l’ipotesi che materia animata e inanimata, corpo umano e astri celesti, fossero costituiti dalle stesse strutture fondamentali, ha avuto una clamorosa conferma. Dunque, almeno nell’infinitamente piccolo, gli antichi filosofi hanno avuto ragione: tutto soggiace alle stesse leggi: le reazioni chimiche che avvengono nelle nostre cellule sono uguali a quelle che avvengono in qualsiasi parte dell’universo. Ma sembra che persino la parte della teoria micro-macrocosmica circondata da una sinistra aura di stregoneria, quella alla quale, con tutta la buona volontà, a molti di noi riesce davvero difficile credere, sia stata inaspettatamente rivalutata da alcune recenti teorie della fisica. Insomma, sembra proprio che eventi che accadono in una parte lontana del cosmo possano influenzare il resto del sistema senza che alcuna energia si trasmetta materialmente. E’quanto afferma, ad esempio, il teorema di Bell. Anche David Bohm, nella sua teoria olonomica della fisica quantistica, ipotizza che ogni parte dell’universo possa improntarsi alle strutture ed ai processi del tutto. Se questo fosse avvalorato sarebbe come dire che aveva ragione Paracelso quando sosteneva che ogni parte contiene il tutto. Del resto, Fritjof Capra ne Il tao della Fisica aveva anticipato questa tendenza già alcuni anni fa. Dunque le ultime teorie scientifiche starebbero inaspettatamente rivalutando l’intero patrimonio di idee degli scienziati premoderni, tanto che David Roy Griffin parla di un “reincantesimo della scienza”.
Insomma, quel semplice e geniale aforisma, “come in alto, così in basso” potrebbe ancora riservarci sorprese ma, in ogni caso, ci ricorderà sempre che come dice Einstein, “Nel campo di coloro che cercano la verità non esiste autorità e chiunque tenti di fare il magistrato viene travolto dalle risate degli dei”.